PENSIERI E VARIE INTORNO AL MIO VIAGGIO IN ARGENTINA E CILE – AGOSTO 2023

È stato un viaggio zeppo di cose, di scoperte e sensazioni. E vorrei restituire questa esperienza provando a rispettare il disordine del ricordo, con l’altalena delle sensazioni date dalla sovrapposizione dei luoghi, delle persone incontrate. Dei pensieri che ne sono derivati. E di quella sottile felicità data dalla scoperta, dalla meraviglia. Perché è questo che si cerca, in un viaggio.

Perché, come sempre, questa caotica abbondanza si è fissata nella mente in un viavai sgangherato che però rispecchia le cose che sono state importanti per i posti memorabili, le persone speciali che ho incontrato e le esperienze rimaste negli occhi. Dato che questa sintesi indisciplinata dello sguardo si è fatta memoria, la cronologia degli spostamenti non serve più: sulla pagina non si devono prendere aerei né rispettare le coincidenze degli orari.   E quindi, ecco il mio personale alfabeto del viaggio in Argentina. 

A

l’Argentina come luogo dell’Anima.   

Un paese enorme che offre tante cose diverse, tutta da scoprire per la loro unicità e bellezza.  Ma, soprattutto, viaggiare in questo paese può portare a sentire qualcosa di nuovo e diverso, mai provato prima.  

Per questo l’Argentina resterà sempre un posto dove avrò voglia di tornare.    

B

È Buenos Aires, ovvio. Come ve la immaginate questa città? Ecco sì, è così. E anche di più. La mia sensazione è che in questa città tutto possa succedere perché si incrociano tradizione, passione latina e grandiosità tutta europea.

Ogni volta che la vedo penso che vorrei fermarmi per altri giorni. Che sarebbe un posto dove provare a vivere per un po’.  Ho sempre l’impressione di mancare qualcosa perché scopro sempre qualcosa.     A Buenos Aires succedono cose a cui non sono più abituata. Così, se guardi una cartina per orientarti, stai sicuro che qualcuno ti chiede se può aiutare. A Buenos Aires entri in un ristorante e capita di “compartir una mesa” ed è naturale prolungare il pranzo e iniziare nuove amicizie. E quante librerie!  Per me che amo i libri, una festa. Oltre alla El Ateneo, definita la più bella mondo, nelle librerie, in tutte – anche quelle più piccole e raccolte –  i libri trasformano i luoghi in ambienti dove stare seduti a lavorare, bere un caffè o mangiare qualcosa, incontrare persone.    Tornando a Milano la editor di una importante casa editrice mi racconta di essersi fatta consigliare un libro in una piccola libreria a Palermo che poi ha trovato talmente bello da decidere di tradurlo e pubblicarlo in Italia. Del resto Borges scriveva a proposito della sua Buenos Aires  “Qui i miei passi ordiscono il loro  incalcolabile labirinto”.  E anche Umberto Eco raccontava di aver scoperto libri rari in una piccola libreria antiquaria in Corrientes…

E allora il mio invito è di lasciarsi andare e cercare, per scoprire la propria dimensione porteña.

Andate a Buenos Aires, c’è il caso che scopriate qualcosa di importante che vi riguarda.

C

Nella tasca di questa terza lettera dell’alfabeto ci metto alla rinfusa il Cibo. Leggo da qualche parte che l’Argentina, da sempre   leader  mondiale nel consumo di carna bovina starebbe diminuendo il consumo di carne, ma  non mi sembra proprio considerando le porzioni generose di Carne asada o alla parrilla, ma anche il Cordero patagonico, cioè l’agnello della Patagonia e il bife di Chorizo o de Costilla. No, non si muore di fame e pranzare può diventare un’esperienza.

D

Come Deserti. Le immensità, la meraviglia dei deserti che,  in questo viaggio, tornano e ritornano.  Come quello del  Parque Provincial Ischilaguasto, meglio conosciuto come Valle della Luna, riserva paleontologica dove si è scoperta la presenza dell’Eoraptor, uno dei dinosauri più antichi del mondo.   Questo parco appartiene  alla stessa formazione geologica del Parco nazionale Talampaya – v. più sotto –, ed entrambi sono stati inseriti nell’elenco dei Patrimoni UNESCO. Durante la visita ci si inoltra nelle spettacolari e surreali formazioni rocciose di arenaria rossa dalle forme più strane perché il vento le ha trasformate in un fungo, una sfinge o addirittura, un campo di bocce. E ciò che resta negli occhi è lo splendore di questi canyon scolpiti dal tempo in un’atmosfera quasi soprannaturale. Lunare, per l’appunto.

E +(una prima) F

Alla lettera E, rimane fissa la commozione della visita all’ESMA, il Museo della memoria aperto nella ex Scuola di meccanica della Marina di Buenos Aires: uno dei luoghi di detenzione, tortura e sterminio durante la dittatura al potere fra il 1976 e il 1983. Qualche mese fa L’ESMA è stato riconosciuto Patrimonio mondiale dell’umanità.  Preparatevi: la visita all’ESMA è un pugno nello stomaco. È difficile trattenere le lacrime ascoltando le parole implacabili e sapienti e piene di partecipazione di Flavia, la nostra preziosa guida. Ci salutiamo sapendo di aver condiviso qualcosa di molto speciale. Spero di rivederla, Flavia, un giorno. Perché, anche grazie a lei, so di non poter dimenticare e questo fa di me una persona diversa da come ero prima.

Poi  (una seconda) F

Mai avrei immaginato di vedere colonie di Fenicotteri  nelle lagune a oltre 3.000 metri. In questo ambiente scabro, spazzato dal vento dove gli occhi si perdono, noi umani fatichiamo a stare in piedi, ma le loro zampe-stecchino li mantengono miracolosamente stabili e pronti a scappare quando altri bipedi vorrebbero avvicinarsi per fotografarli.  Non c’entriamo niente qui noi, fragili umani. Siamo niente, solo un puntino barcollante in questo posto immenso. Possiamo solo guardare incantati, senza fare rumore.

G

La lettera G di questo viaggio è occupata da Guandacol. La sosta a Guandacol ha previsto la visita all’Espacio de la Memoria y de la Vida e poi alle installazioni artistiche raccolte con indomita passione da Ricardo e sua moglie Marisa all’insegna del motto Los sueños siguen vivo,  fino allo stupefacente piccolo mausoleo del Che, una collezione di memorabilia  raccolte dall’incessante passione di Ricardo. E la serata diventa indimenticabile fra una carne cotta a puntino nel forno, empanadas anche in versione gluten-free, un vino buonissimo e mucha charla: è l’una del mattino. Il giorno dopo mi sorprenderà una commozione imprevista nel salutarli.

  

Lo sappiamo tutti che l’Argentina è il luogo d’elezione di immigrazione degli italiani come si può vedere nel Museo des Immigrantes e anche a La Boca, colorata enclave genovese passata al rango di una delle maggiori attrazioni turistiche della città. E l’italianità è un tema ricorrente. Tutti i tassisti hanno parenti italiani. La maggior parte degli argentini conoscono italiani o hanno viaggiato in Italia, adorano l’Italia, il cibo italiano, e parlano l’italiano. Essere italiani qui sembra un valore. Come essere dall’altra parte del mondo sentendosi un po’ anche a casa. Non che questo sia sempre un bene ma qui succede.

K

Sono in Araucania, terra ancestrale delle popolazioni Mapuche dove esploro l’esperienza di turismo comunitario nella comunità di Kurrarewe: una scoperta preziosa. Catalina, la guida di Ruta Ancestrales, l’agenzia di riferimento,  è una compagna speciale, anche grazie al suo provvidenziale inglese che fa riposare il mio esangue e spesso improvvisato spagnolo. Turismo comunitario significa fare domande. Osservare. Sedersi intorno al fuoco e ascoltare i racconti, le aspirazioni di una comunità che desidera difendere l’identità del proprio territorio e delle tradizioni più antiche coniugandole con le attività di salvaguardia ambientale.  Significa giocare e chiacchierare la sera coi ragazzi, figli e nipoti della famiglia presso cui sei ospite.  Significa condividere i pasti in famiglia assaggiando cibi ottimi, nel mio caso cucinati con un’attenzione speciale, senza glutine. Mi porto a casa la scoperta di un mondo, la forza delle donne. Che sanno i segreti di erbe capaci di curare e guarire. Che mandano avanti le fattorie quasi in solitaria con un lavoro immane.  Che cucinano per tutti. Che inventano modi per risparmiare e conservare l’acqua.

Non dirò niente dei panorami, perché le parole restano inesorabilmente approssimative.

 

Per parlare della lettera L faccio una specie di carpiato e scelgo di andare nella regione della Puna, deserto (avevo detto che il deserto ricorre e mi rincorre!) di alta quota delle Ande a nord ovest dell’Argentina.  Perché devo a Luis questa scoperta indimenticabile, questo andare lento percorrendo quell’unica strada che si inerpica in mezzo a paesaggi sconfinati dove si incontrano vigogne, guanaco e lama e dove vulcani, sabbia e montagne abitano spazi immensi che assumono cromie psichedeliche capaci di cambiare con velocità imprevedibili e rapidissime.  Si sale, e sembra di attraversare i confini del mondo. E si fanno i conti con i confini del proprio cuore. Grazie Luis.

M

Le Madri di Plaza de Mayo rimangono lì, con la loro indomita testimonianza. Coi i loro fazzoletti bianchi in testa, sono in tredici il 30 aprile 1977 quando iniziano a sfilare in cerchio di fronte alla Casa Rosada, portando le foto dei figli scomparsi. Faranno innumerevoli appelli per riaverli, per ottenere giustizia. Tre saranno  sequestrate, torturate e uccise, spinte giù da un aeroplano. Altre picchiate e uccise. La stragrande maggioranza dei desaparecidos argentini avevano tra i 16 e i 35 anni. E restano lì anche oggi, ogni giovedì, le madri, quelle che sono venute dopo le abuelas. Anche adesso le Madri testimoniano una lotta dal basso, di strenua volontà e resistenza. Una grande storia al femminile nata dall’amore, dall’enorme dolore e dal coraggio.

N

Sono stata fortunata. Le condizioni meteo hanno consentito la navigazione che mi ha portata molto vicina al Perito Moreno, il ghiacciaio nel parco nazionale Los Glaciares in Patagonia, patrimonio dell’Unesco dal 1981.  Qui la potenza della natura esplode in uno spettacolo regale: questa cattedrale di ghiaccio si estende per 250 chilometri quadrati – è più grande di Buenos Aires – per 30 chilometri di lunghezza e un’altezza massima di 170 metri, di cui circa 70 sopra la superficie del Lago Argentino. Il ghiacciaio si forma sulle montagne a 2000 mt di altitudine e poi scende poco a poco mentre l’acqua che scorre al di sotto provoca il suo spostamento.  Ma, al di là dei numeri imponenti, imparo di trovarmi davanti a qualcosa di vivo, che si muove continuamente. Mi viene spiegato infatti che il Perito Moreno è uno dei pochi ghiacciai al mondo che non si ritira ma aumenta, allungandosi anche di 2 mt al giorno. Respiro quell’aria ghiacciata e la mando giù, fino in fondo, come a volerla conservare da qualche parte negli alveoli dei polmoni. Me la porto a casa.

O

Dopo tanto girovagare mi sono resa conto che il valore di un viaggio, risiedesoprattutto nell’opportunità di capire, non solo per ciò che si vede ma anche al di là, per ciò che rimane. E di questo viaggio in Argentina, mi è rimasto molto.   

Con la P torno alla Puna –  quei paesaggi sono indimenticabili – e soprattutto a quelli del  Campo de Piedra Pomiz, uno dei luoghi più spettacolari e surreali che mi sia mai capitato di vedere. 25 chilometri di pietra bianca e cangiante proveniente dai vulcani che brilla alla luce del sole creando forme e immagini che si stagliano come silhouette candide contro il cielo che in quel momento, mentre ero lì, brillava di un blu che più non si può. 

Non è una pubblicità. È tutto vero.

R

La Ruta 40. La strada argentina simbolo del viaggio on the road.  Una vera leggendache attraversa il paese da Nord a Sud per una lunghezza complessiva di circa 5000 chilometri, che sale e scende dalle Ande, attraversando fiumi, parchi, e moltissime città e province come Santa Cruz, Neuquen, Mendoza, San Juan, La Rioja, Catamarca, Tucumàn, Salta e Jujuy.  Chatwin segue da vicino. E io mi sento un po’ come lui.  Wow!

S

Qui ci stanno alla rinfusa tutti i luoghi che iniziano con San, e sono moltissimi. Ne cito uno solo: San Martin de Los Andes, raffinato paesino  a 40 km dal confine con il Cile che si  affaccia  sul lago Lacar e punto di partenza per  la “strada dei sette laghi”. C’è tutto quello che si può desiderare:   si può andare a pesca e a caccia, fare trekking, campeggio, arrampicate, rafting, ecoturismo. Insomma, non c’è il rischio di annoiarsi. Anzi, si è tentati di rimanere.

T

Ed eccomi al parco nazionale Talampaya. Formazioni geologiche, petroglifi molto ben conservati, gigantesche montagne rosse che  si innalzano in verticale, canyon erosi  dal vento e dalla pioggia dove si possono avvistare condor e aquile. La visita avviene tramite veicoli del parco e le guide accompagnano i gruppi di turisti.  L’itinerario attraversa gole, dirupi  e formazioni rocciose, con geoforme incredibili come quella che assomiglia a una tartaruga, quella definita  “totem “ e    “torre” fino alla Chimenea del Eco dove le voci si rincorrono  e ritornano. Ancora una volta, sono immersa in un miracolo di colori e forme.

U  

Passo.

V

Vulcani che ho incontrato (e di cui ricordo il nome).  Volcan Lanin, Volcan Galan, Volcan Antofagasta: il fascino grandioso di una natura potente che incute soggezione.

Z

Anche qui passo, niente da dire, ma sono alla fine. Ma so che in Argentina ci tornerò, ne sono certa.

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