Patagonia novembre 2023

Da qualche anno sono diventato pigro. All’inizio di questa esperienza ero dubbioso su questo viaggio, perché avevo “paura” che fosse troppo lungo.

Al termine di questo viaggio devo confessare che mi sono innamorato di tutto quello che è l’Argentina, dai luoghi che ho visto a quello che ho vissuto.

Questo non è stato solo un viaggio, perché per me non è ancora terminato. Vorrei tornarci, in Argentina, per vedere quello che non ho visto, ma anche rivedere quello che ho visto e scoprire con quali occhi questa volta potrei vedere le cose. Vorrei vedere com’è l’Argentina nelle altre stagioni: noi ci siamo stati alla fine della primavera con l’inizio dell’estate. Vorrei veramente rivedere i posti e so che non sarà possibile e rivedere le persone con cui abbiamo condiviso questo viaggio.

Con il senno del poi questo viaggio avrebbe dovuto durare di più, come minimo alcuni giorni di più. Non cambierei nulla, perché è stato organizzato bene, non lo dico per fare piacere, ma perché è proprio così. Però avrei voluto vedere ancora molto. Ritornando, sicuramente apprezzerei ancora di più le cose molto belle che abbiamo visto.

La partenza – Buenos Aires

Siamo partiti lunedì 27 novembre da Roma. Martedì 28 novembre siamo atterrati a Buenos Aires. Ovviamente è tutto nuovo, siamo dall’altra parte del mondo.

Ad attenderci all’aeroporto una bella persona che parlava anche italiano, Mimì. Abbiamo incominciato a “prendere confidenza” con Buenos Aires, una enorme città con mille contraddizioni. Forse è come un po’ me la immaginavo, forse.

Visitiamo il cimitero della Recoleta e la piccola Basilica Nuestra Senora del Pilar; poi il Parque Tres de Febrero con tante piante, fiori e rose. Infine dal quartiere Palermo a piedi verso la Casa Rosada, in Plaza de Mayo, per me la mitica Plaza de Mayo dove le mamme e le nonne dei 30.000 desaparecidos, gli scomparsi durante gli anni della dittatura, si trovano tutti i giovedì per chiedere giustizia e perché si dica che fine hanno fatto gli scomparsi. Questo tutti i giovedì. Ancora dopo 47 anni.

In Argentina – nota di colore – si mangia e si beve bene a costi molto contenuti a Buenos Aires, mentre in Patagonia, molto più turistica, si spende qualcosa di più, ma veramente anche qui ne vale proprio la pena. La bevanda nazionale è il Fernet Branca. Bevanda, non liquore, perché se chiedi un fernet ti portano un bicchierone di fernet e coca cola. Devo dire, onestamente, che non amo la coca cola e mi sembrava uno sfregio al Fernet aggiungercela. In realtà questa miscela è buona.

Mercoledì 29 novembre: visita alla Boca, quartiere molto popolare dove in passato sbarcavano tutti i migranti del mondo; poi visita alla casa/museo di Celia Chevalier, passaggio sotto la Bombonera e infine il “Caminito”, con le case tutte colorate e il primo porto di Buenos Aires. Nel pomeriggio il Museo dell’Immigrazione. Alla sera spettacolo di tango.

Giovedì 30 novembre con Flavia, una guida italo-argentina molto in gamba, abbiamo visitato la ex caserma della marina militare, la ESMA, che è stato uno dei 750 campi di tortura della dittatura militare Argentina dal 1976 al 1983; è stata una esperienza molto importante e toccante.

Ricordare per non dimenticare quello che è successo, perché non debbano più ripetersi le dittature, perché la storia non debba più ripetersi. Flavia veramente una persona in gamba, preparata.

Peninsula Valdes

Venerdì 1° dicembre partenza in aereo da Buenos Aires verso Trelew, andiamo a sud in pulmino verso la penisola Valdes e Puerto Piramides con Marisa. Siamo all’inizio della Patagonia.

Giornata naturalistica, tempo bellissimo, ventoso. Abbiamo visto i guanachi, una volpe, i nandù, pecore, avvoltoi, un museo naturalistico. Viaggio molto interessante. Arriviamo a Puerto Piramides e si aggiungono Sabrina e Andrea- E’ uno dei posti che a me è piaciuto molto: le spiagge, le conchiglie fossili, il paese, l’albergo, il ristorante. Un posto veramente incantevole, una chicca.

Partiamo presto, sabato 2 dicembre. Siamo nella Penisola Valdes, il paesaggio è fantastico, il colore azzurro del cielo e dell’acqua si confondono. Qui tutto il paesaggio è immenso e desertico. Il verde giallastro dell’erba secca, e il verde dei pochi cespugli… i chilometri e chilometri del nulla, nessuna casa, nessuna persona. Centinaia di chilometri di strada statale sterrata dove puoi incontrare solo animali selvatici come la volpe, la lepre, la faraona, l’armadillo, la pecora, gli avvoltoi, il guanaco e il nandù. E, sulle spiagge, i pinguini e gli elefanti marini. Il vento forte ci accompagna sempre. A Punta Norte vediamo anche i leoni marini. Il vento ci impedisce di uscire in mare ad avvistare le balene.

Patagonia

Domenica 3 dicembre. Cielo limpido, azzurrissimo. Lasciamo Andrea e si aggiunge Veronica. Partiamo da Puerto Piramides per Camarones.

Quello che colpisce sempre è l’immensità della prateria, tutta piatta con solo piccoli arbusti e animali selvatici. C’è una sola strada sempre diritta, con diramazioni laterali non asfaltate. E’ la terra dei gauchos (pastori a cavallo). Pochissime auto, ma proprio poche. Nessuna casa.

Man mano che si scende verso il sud della Patagonia, il paesaggio cambia con leggere collinette, la terra è rossa, qualche stagno, ma con pochissimi alberi. La presenza umana è sempre molto limitata, quasi assente come l’acqua.

Dopo 5 ore di viaggio, e qualche centinaio di chilometri percorsi, si incomincia a rivedere l’oceano atlantico su cui affaccia Camarones. Siamo nella steppa Patagonica, qui il clima è molto secco, ci sono praticamente due stagioni, estate e inverno. In estate piove pochissimo. 

Andiamo a Cabo dos Bahias, alla “pinguinera”, riserva integrale dove nidificano i pinguini di Magellano. I pinguini qui arrivano a settembre per riprodursi; si stima siano circa 300.000 pinguini che poi alla fine di dicembre ripartono verso il nord, verso il Brasile.

Sulla strada ci fermiamo a mangiare: pranzo da re e regine a base di pesce e mariscos. Come sempre in tutto il viaggio si mangia e si beve bene.

Lunedì 4 dicembre. Tempo buono ma fa freddino, partiamo presto da Camarones per Sarmiento, per andare a vedere la foresta pietrificata. Dopo i primi chilometri il nulla, la prateria piatta, terra con pochissimi arbusti, la strada diritta infinita. Qualche camion percorre la nostra stessa strada. I colori predominanti sono il verde della prateria e l’azzurro del cielo. Tutto bello, ma la vita qui com’è senza acqua e con questi spazi infiniti? Poca acqua che arriva con le autobotti, le cisterne sui tetti delle case, anche per alimentarsi non è semplice viste le distanze enormi tra un paese e l’altro. Ci si arrangia, ovviamente se si vuol vivere qui. Ma vale la pena anche se le condizioni non sono così facili.

Prima di arrivare a Comodoro Rivadavia e di nuovo all’oceano, parecchie discese importanti. Siamo in una zona industriale della Patagonia. Moltissime sono “le cicogne” per l’estrazione del petrolio, l’ambiente qui è fortemente compromesso. Le trovi ovunque, nella prateria, sulle collinette. Assieme al petrolio nascono fast food per gli operai che fino a un anno fa non c’erano.

Certo ci sono “molte comodità” ma l’ambiente è compromesso e la vita dell’industria petrolifera è dura.

Poi di nuovo la prateria piatta. Pranziamo (molto bene) a Sarmiento. Ci sono 25° e fa caldo. La foresta pietrificata è un luogo surreale, molto bello. I colori e le forme delle montagne ti fanno sentire come se fossi sulla luna. Alle 21 il sole non è ancora tramontato.

Martedì 5 dicembre. Partiamo presto da Sarmiento per il primo tratto del viaggio di questa giornata che ci porterà a Cueva de Las Manos e poi a Posadas.

Dopo 15 minuti di percorso compare un bellissimo ed enorme lago che fornisce acqua dolce alle cittadine che abbiamo lasciato. In questa zona ci sono allevamenti di vacche, cavalli, pecore ma anche coltivazione di vite. Nel lago e negli stagni vediamo i cigni dal collo nero.

In lontananza compaiono le preAnde. Siamo ancora nella provincia di Chubut e tra poco entreremo nella provincia di Santa Cruz.

 Anche oggi giornata bellissima, sono previsti 28°. Incontriamo gli altarini della defunta Correa e del Gauchito Gil. Continua la steppa sconfinata e sullo sfondo le Ande, bianche per il riflesso del sole.

Il tempo cambia e c’è vento, è un continuo di salite e discese sullo sterrato. Quanti saranno? altri 200 km? Altri 300?

Le salite sulla ghiaia sono parecchio complicate…alle volte dobbiamo scendere perché il pulmino non ce la fa. Arriviamo a Cueva de Los Manos, un parco archeologico molto interessante, bello. Siamo parecchio stanchi, ma i paesaggi sono maestosi come i disegni rupestri, un altro dei posti difficili da dimenticare. 2 km di sentiero con una guida brava che ci fa “sentire”  chi migliaia di anni fa ha lascito qui le sue impronte.

Ripartiamo sempre sullo sterrato per 120 km direzione lago Posadas dove dormiremo e mangeremo un buon agnello, anzi un ottimo e molto abbondante agnello e un ottimo vino. Arrivati alle 20.30, il sole è ancora alto.

Patagonia andina

Mercoledì 6 dicembre. Partenza con giro al lago Posadas, ci aspettano 12 ore di pulmino su strade in gran parte sterrate: tanti km, varie tappe.

Tempo molto bello, soleggiato, caldo. Il paese di Lago Posadas è molto carino, classico luogo di villeggiatura da noi, ma qui abitato costantemente, siamo vicinissimi alla frontiera con il Cile e per lo Stato Argentino è importante far notare la presenza abitativa. I laghi sono di una bellezza inaudita, pura fantascienza, bellissimi, pulitissimi, di un colore blu intenso, in realtà di due tonalità di blu diverse.

L’aria è pulita, per centinaia di chilometri nessuna abitazione. Proseguiamo verso sud verso Tres Lagos, due condor ruotano sopra di noi nel cielo azzurro. Poi ancora un gruppo di condor attorno ad una carcassa di un guanaco morto. Proseguiamo sempre in mezzo al nulla per centinaia di chilometri sullo sterrato. Passiamo l’ingresso del Parco Nazionale Perito Moreno, la strada sempre diritta si alterna tra asfalto con parecchie buche e sterrato, ogni tanto si vede qualche auto.

Il paesaggio è sempre quello della prateria con qualche guanaco in vista. Arriviamo al paese di Gobernador Gregores.

Una lapide ricorda l’eccidio storico di 1600 lavoratori della lana nel 1921: scioperavano chiedendo semplicemente un miglioramento del tenore di vita, un materasso per dormire, delle candele, … erano quasi tutti stranieri. Vediamo i carri del trasporto della lana, e il Rio Chico che è piccolo veramente ma nella valle è ben grande.

Incontriamo le lavoratrici della lana e visitiamo una casa di un fabbro si 100 anni fa.

Tutte esperienze di incontri molto interessanti. Arriviamo a Tres Lagos verso le 23.15. Stanchi, stanchissimi. Chi ci aspettava 4 ore prima con un asado enorme, ce lo ha tenuto da parte. w questa è un’altra festa.

Giovedì 7 dicembre, partenza da Tres Lagos in pulmino per la cittadina di El Chalten, per poi andare a camminare sotto la base del Cerro Torre nel massiccio del Fitz Roy, due montagne bellissime. Nel viaggio, vediamo prateria e ancora prateria, ma noi ci dirigiamo verso le montagne per la prima escursione a piedi!

Tempo buono, soleggiato e caldo.

Qui ci sono vette alte, fino a 3400 mt, belle innevate, assomigliano alle dolomiti.. Una bella e importante camminata quella dove c’è la Laguna Torre. È difficile immaginare che possa esistere un posto così, un lago con gli iceberg.

Un posto meraviglioso, in Europa non esistono posti così e le foto non rendono veramente l’idea di questo luogo.

Camminata in totale di 7 ore per fare 20 km, ma ne è valsa la pena. È un posto fantastico, secondo me con Puerto Piramides, saranno luoghi indimenticabili.

Non siamo ancora alla fine del nostro viaggio, ci sarà il ghiacciaio del Perito Moreno, ma posti così, sarà difficile dimenticarli.

Fitz Roy! CERRO TORRES!!!!!!!!!!! Ci siamo spinti fin là! Una montagna leggendaria nella storia dell’Alpinismo tale da aver conteso la fama ai nomi più leggendari in assoluto come Cervino o Everest!

Un nome e una sagoma evocativa. Una cima considerata a lungo impossibile: difficile anche solo ad avvicinarla e poi… quasi 1000 metri di granito liscio da tutti i lati in un clima che lo lascia quasi tutto l’anno ricoperto di sottili e insidiosi veli di ghiaccio. Venti spaventosi e glaciali a cui è quasi impossibile sopravvivere se ti colgono alla sprovvista e la cima ricoperta, a quei tempi, da un ancor più imponente fungo di ghiaccio. Un problema insolubile come si diceva, una Sirena Assassina, un suicidio…e il grande Cesare Maestri che lo salì nel ’74 ritornando coperto di critiche per essersi portato dietro perfino un piccolo percussore per piantare letteralmente i chiodi nella roccia! Era giusto violare una cima così fantastica con quei mezzi? E poi coloro che lo seguirono armati solo di attrezzatura classica, e quelli che hanno tolto i chiodi… quante storie dietro queste cime!

Venerdì 8 dicembre giornata calda cielo terso. Oggi giornata per molti di noi di relativo relax, peccato aver dovuto rinunciare alla camminatona prevista, ma l’età e la stanchezza ci hanno stroncato. Comunque abbiamo fatto “una piccola camminata” al Mirador Fitz Roy, circa 3 ore di camminata in salita e due in discesa per 10 Km in totale. Abbiamo visto condor e picchi, ma soprattutto bellissimi panorami. Tutto eccezionalmente bene-

Sabato 9 dicembre il tempo è buono anche se le previsioni dicono che sta cambiando. Stiamo andando sempre più a sud, verso la “fine del mondo”.

Da El Chalten a El Calafate, per la navigazione e vedere il ghiacciaio del Perito Moreno.

Incontriamo nel nostro viaggio nella steppa il lago Viedma e il rio Leona. Facciamo tappa alla Leona, luogo dove il Perito Moreno fu aggredito da un puma (leona). Dalla Leona proseguiamo e incontriamo il Rio Cruz, poi il lago Argentino che è il più grande dell’Argentina, misura 1340 km2.

Arriviamo a El Calafate per dirigerci al Perito Moreno. Uno dei problemi dell’Argentina, nell’immensa steppa Patagonica, a parte la mancanza d’acqua in molte zone, è il vento.

In questa zona viene piantato il Calafate, ma in tutta la Patagonia Argentina sono piantati milioni di pioppi cipressini per formare una barriera contro il vento. Qui ci sono aquile e condor, che si cibano dei resti di animali morti, li vediamo incastrati sul filo spinato.

Andando verso il ghiacciaio, nel lago Argentino compaiono gli iceberg e anche la vegetazione cambia; ci sono molte più piante, una in particolare è come il nostro vischio. Il panorama cambia più volte. Ci sono anche piante che fioriscono due volte all’anno.

Eccoci al Perito Moreno. Il ghiacciaio è lungo 33 km, largo 4 km, profondo 400 mt, di cui 40-60 fuori dall’acqua. Uno spettacolo indescrivibile. La giornata che era iniziata col sole, ora è un po’ meno soleggiata, ma l’aria è limpida. La natura è meravigliosa, non ci sono parole per descrivere queste bellezze, neanche le foto rendono giustizia. Felice di essere qui.

Ushuaia

Domenica 10 dicembre. Levataccia alle 5.30 per essere in aeroporto, destinazione Ushuaia.

In aeroporto guasto elettrico, tutto spento. Alle 8.50 siamo riusciti ad imbarcarci. Giornata buona, qui a El Calafate, cielo non limpido ma come se fosse sole settembrino da noi, non caldo, non freddo. Arrivati a Ushuaia, c’è sole e un vento. 8° alle 12.00, fa freschino.

Ushuaia è la città più a sud del mondo, siamo nella Terra del Fuoco al confine con il Cile. Mi sembra una cittadina molto turistica, troppo, ma bella. C’è un vento fortissimo, si fa fatica a stare all’aperto.

Nel pomeriggio gita in barca nel Canal Beagle. È una sensazione strana quella di trovarsi in un posto come questo. In mare, su un isolotto, troviamo moltissimi cormorani reali e una colonia di leoni marini, tutte femmine. Viaggiamo in barca tra i fiordi, la luce d’estate va dalle 4 del mattino alle 22 di sera. Andiamo verso un vecchio faro.

Sbarchiamo poi su un isolotto, a piedi saliamo su una collinetta. Anche qui la natura è bellissima, come d’altronde è fantasticamente bella in tutta la Patagonia, ma anche in tutta l’Argentina, ovviamente completamente diversa da nord a sud.

Veramente qui siamo alla fine del mondo. A Capo Horn si incontrano i due oceani, Atlantico e Pacifico. Ci dicono che li ci sono onde alte fino a 30 mt.

Cena. Ci manca un po’ la nostra Veronica che ci ha lasciati questa mattina per tornare a casa a Cordoba.

Oggi lunedì 11 dicembre Ushuaia, Parco Nacional De Agostini. Giornata tutta naturalistica, su tre percorsi: costiero, mirador e castori. Vediamo il Canale Murray nord sud che arriva fino al mare antartico al passaggio di Drake. Poi ci sono altre isole che vanno verso l’Antartide e sono ancora parte del continente americano e moltissimi canali che sono in realtà ciechi. Il Canale Beagle è stato scoperto partendo dal canale Murray. Nella lingua nativa il canale Beagle si chiamava “onas chagar” che vuol dire canale della caccia.

Vediamo la Cordillera Darwin. La situazione climatica e difficile. La montagna più alta dell’isola è di 2200 mslm e la linea della vegetazione che vediamo è a circa 700 mt slm, in altre isole è 500 mt.

Verso Ushuaia si scorge il Monte Olivia (punta di arpione), è il monte scalato da De Agostini nel 1913. Da lì sono nati i ghiacciai che hanno formato il canal Beagle. Nel lato cileno i ghiacciai sono più corti perché la catena è più vicina al mare.

Buenos Aires, il ritorno

Martedì 12 dicembre. Ci siamo svegliati, ancora una volta, prestissimo per andare a Buenos Aires. E’ quasi la fine del viaggio e sicuramente l’addio alla Patagonia.

Qui adesso fa molto caldo, ci sono 31° percepiti 35°. A Ushuaia c’erano 8°. Abbiamo ancora due giorni e mezzo da rimanere a Buenos Aires per vedere luoghi e incontrare persone. Abbiamo ritrovato Mimi all’aeroporto ad aspettarci e la cosa ci ha fatto molto piacere.

Oggi pomeriggio in giro a vedere uno dei quartieri storici di Buones Aires: San Telmo. Bello, è il quartiere più antico di Buenos Aires e risale al 1806/1807.

Il quartiere è diviso in due parti, Defensa e Reconquista. Nel 1871 allo scoppio di un’epidemia di febbre gialla, le famiglie ricche si traferiscono fuori città, lasciando le case vuote affittate agli immigrati: una famiglia per ogni stanza.

Le case sono conosciute come conventillos, da convento, dove se ogni frate aveva una stanzetta, qui invece c’era una famiglia per stanza. Con tanta gente ammassata, la conseguenza erano poi tante malattie. Qui le case sono di mattoni perché esistevano già ed erano le case dei padroni. Invece alla Boca le case erano costruite dagli immigrati con i materiali che trovavano in giro, legno e lamiere.

Qui e alla Boca nacque il tango. Inizialmente un ballo non apprezzato perché considerato troppo libertino, poi viene esportato a Parigi dove ha avuto successo e quindi è diventato di moda in Argentina.

Nella chiesa di san Domenico vediamo  il mausoleo del generale Belgrano. che ha disegnato la bandiera e ha combattuto insieme a San Martin per l’indipendenza dell’Argentina, del Cile e del Perù.

Arriviamo alla Plaza de Mayo, dove siamo stati all’inizio del viaggio per vedere le manifestazioni del giovedì. E’ il luogo di fondazione della città, nel 1580.

Nella cattedrale si trova la Madonna di Bonaire, da cui deriva il nome di Buenos Aires.

Altra statua è quella della Madonna copia di una statua di Lujan, patrona dell’Argentina ed è rappresentata nel monumento dove sono rappresentati Argentina, Cile e Perù.

Mercoledì 13 dicembre. Partiamo per La Plata, capitale della Provincia di Buenos Aires.

Ieri il cielo era bellissimo con un caldo soffocante di 32°. Oggi il cielo è nuvoloso, ha appena smesso di piovere, ci sono 24° ma c’è un caldo umido e appiccicoso. Siamo, credo, tutti abbastanza stanchi perché il caldo afoso ti limita in tutte le cose.

La Plata è una città totalmente progettata a tavolino. 10 anni prima c’era stata l’epidemia di febbre gialla a Buenos Aires, quindi qui hanno adottato l’idea di avere spazi ampi e aperti. Per la costruzione degli edifici pubblici hanno fatto un concorso internazionale. Le strade di La Plata non hanno nome ma un numero.

In Plaza Moreno, dove è stata fondata la città nel 1882 si affaccia il Municipio in stile tedesco occupa tutto l’isolato e la cattedrale. Al centro si trova la pietra fondativa dove avevano seppellito i documenti, una bottiglia e soldi. Quando 100 anni dopo avevano aperto il fossato non avevano trovato nulla, tutto sparito.

Vediamo il monumento a Evita Peron e la statua di un deacamisado in ricordo delle manifestazioni del 1949 per richiamare Peron.

Per terminare la Cattedrale, ispirata allo stile gotico, hanno impiegato 114 anni. E’ stata finita nel 1999- Ha delle belle vetrate tedesche con racconti biblici.

Andiamo alla calle 30, a Casa Mariani Teruggi, tetro di un eccidio e del rapimento di una bambina nel 1976. La l’Associacion Anahi gestisce la casa e tiene viva la memeoria di quello che è successo,

Nel novembre del 1976 polizia, esercito, marina, irrompono nella casa dove un gruppo di Montoneros stampavano materiale contro la dittatura militare. Hanno ucciso 5 persone rapito la bambina di tre mesi, una delle 30.000 desaparecidas di quegli anni.

Chicha Mariani nonna della bimba di 3 mesi rapita (Clara), quel giorno avrebbe dovuto andare a curare la bambina, ma aveva potuto perché suo padre era malato.

Viene a sapere dalla radio il giorno seguente la notizia. Va a casa sua e la trova devastata e minata. Non riesce a entrare nella casa del figlio Daniel Mariani per un anno. Sa che la nipote è viva e la cerca. Non l’ha mai trovata.

Il padre era al lavoro a Buenos Aires, verrà ucciso qualche mese dopo per strada. Avrebbe potuto scappare in Italia dal padre ma non lo fece perché sapeva che la figlia era viva e la voleva trovare.

Chicha va dalla polizia a denunciare il rapimento, paga il riscatto richiesto per la restituzione della bambina, senza riavere la nipote. Va da un alto prelato che non la riceve ma la fa parlare con il segretario che le dice che la bambina è “viva, sta bene ed è in una famiglia molto importante”. Va infine al tribunale dei minori dove la giudice le passa un numero di telefono di altre nonne che cercano i nipoti.

Da lì inizia la storia delle abuelas. Lei è la fondatrice delle Abuelas de la Plaza de Mayo.

Quando arriva la commissione di inchiesta che ha visitato anche la ESMA, le madres e le abuelas vanno ai distretto di polizia per incontrare il commissario e consegnare le liste dei desaparecidos.

Chicha Mariani è morta nel 2018. Fino alla morte ha subito minacce per la sua attività.

Ad oggi sono stati recuperati 133 bambini. Clara non è mai stata trovata. Mancano quasi 400 bimbi da trovare.

Un’altra storia che ci chiedono di raccontare, perché il racconto è memoria, è quella di Elsa Pavon e della nipote ritrovata, Paula. Paula, rapita a 2 anni, viene ritrovata a 9. Rifiuta la nonna, ma quando questa le ricorda come la chiamava il papà, si ricorda. Immensa tragedia.

Con in testa questi racconti, andiamo alla facultad de la Comunicacion, luogo di studio e di preparazione dei futuri giornalisti. Incontro molto importante con studenti e professori.

In un’aula vediamo il murale in ricordo di Rodolfo Walsh. Giornalista nato del 1927 e ucciso in un’imboscata nel 1977, il giorno dopo aver pubblicato la “lettera alla giunta militare”, in cui denuncia i crimini della dittatura, un anno dopo il colpo di stato.

La frase di Walsh che compare sulla parete dell’aula dice:

Un intellettuale che non capisce quello che succede nel suo tempo e nel suo paese è una contraddizione. E se capendo non agisce, avrà un posto nell’antologia del pianto, non nella storia viva del suo tempo.

Proseguiamo nella giornata molto intensa al “Ministero de las mujeres, politica de genero y diversidad sexual” della provincia di Buenos Aires.

E’ stato istituito nel 2019 e riconfermato oggi, unico ministero provinciale che si occupa delle questioni di genere sopravvissuto alle elezioni.

Sul fronte dell’edificio c’è un bellissimo murale, costruito in modo collettivo dalle donne:

la bandiera argentina accompagna la rappresentazione di avvenimenti e hanno foto di donne importanti, per esempio Eva Peron, le abuelas di Plaza de Mayo, esponenti di Niuna Menos, alcune vittime di femminicidio.  

In un altro punto sono elencate le leggi, statali e provinciali, promulgate dagli anni 80. Tra le tante la Ley Micaela una legge statale che prescrive che tutti i funzionari statali devono essere formati sul tema delle molestie e dei femminicidi, il Cupo Laboral che definisce la parità lavorativa per i trans. Poi qualche riferimento a associazioni o servizi importanti: il numero per denunciare violenze e molestie, il numero a cui chiedere aiuto se si riconosce di essere un abusante. E infine le iniziative che il ministero mette in atto.

Questa giornata, forte psicologicamente e faticosa fisicamente, si conclude con la visita alla cartiera.

Nel 2001 gli operai hanno salvato la fabbrica dal fallimento. Nel 2004, dopo un periodo di lavoro estenuante su turni di 12 ore al giorno per 7 giorni alla settimana, sono riusciti a riscattarla e nel 2007 sono riusciti a non farla restituire al padrone. Ora sono una cooperativa di 80 persone, guidata da due donne orgogliose di avere portato i conti in pareggio (non a guadagnare, a pareggiare). Hanno ancora debiti e sono sempre sull’orlo del disastro perché i costi dell’energia devono essere pagati in dollari, sono in una zona soggetta a appetiti immobiliari e la carta che producono non è esportabile. Proprio oggi hanno trovato, forse la tela per renderla esportabile e sono felicissimi. Producono grazie a due macchine italiane del 1950 (!) in condizioni pazzesche. Ma l’orgoglio del lavoro e di avere salvato il loro posto di lavoro si sente nelle loro parole.

Mi sa che sarà uno choc partire oggi giovedì 14 dicembre per Milano, dove ci attenderà il freddo. Cercheremo di riabituarci, ma dopo tre settimane di Argentina sarà dura.

E’ stata una vacanza importante, siamo stati dall’altra parte del mondo, alla fine del mondo.

Rimangono per ora nella mia memoria alcuni luoghi indimenticabili come la Boca a Buenos Aires, Puerto Piramides in assoluto, la camminata alla Laguna Torre, il Perito Moreno.

Poi tanti animali mai visti, le piante, l’oceano, gli isolotti, gli spazi enormi, il cielo e la terra che si incontrano.

Le persone che abbiamo incontrato come le donne dei laboratori della lana, la cooperativa, i professori e gli studenti, chi mantiene e trasferisce la memoria della dittatura militare, Mimì, Flavia, Jorge e Veronica soprattutto.

Un grandissimo abbraccio e ringraziamento a Sabrina per l’organizzazione e le attenzioni che ci ha regalato, sempre pronta a trovare soluzioni, una pazienza infinita.

Un bel viaggio in luoghi che forse non rivedrò più, bellissimi. Spero invece di poter continuare a vedere molte persone che ci hanno accompagnato in questo viaggio, anche se lontane, a Milano. Lo hanno promesso. Abbiamo ancora questa giornata a Buenos Aires da goderci.

Oggi a quasi due mesi di distanza dall’inizio di questo viaggio, come scrivevo all’inizio, penso veramente che ci sono cose, luoghi, persone di cui non ci si può dimenticare pur quanto lontano si vada. E’ un viaggio che è semplicemente iniziato dall’altra parte del mondo. L’Argentina è un luogo meraviglioso che consiglio a chiunque di conoscere.

 Roberto

Lascia un commento